Le dinamiche della dispersione scolastica in Italia

​Indagine Isfol: dall’analisi dei percorsi di rischio alla riattivazione delle reti di supporto.

La dispersione scolastica in Italia

I dati sulla dispersione scolastica (riferiti cioè ai cosiddetti “early school leavers”) relativi al nostro paese non sono ancora in linea con gli standard fissati da Europa 2020 (10% il livello entro il quale contenere la percentuale dei 18-24enni che abbandonano i percorsi formativi senza un titolo del secondo ciclo). Non sembra pertanto che le misure adottate in questi anni siano riuscite ad aggredire definitivamente il fenomeno (nel 2011, il 18,2% dei giovani 18-24enni è uscito dal sistema formativo senza aver acquisito il diploma), pur avendo comunque compiuto dei notevoli passi in avanti. L’Isfol, a partire dall’analisi dei dati rilevati in occasione del monitoraggio del diritto-dovere, che l’istituto realizza annualmente per conto del Ministero del lavoro, ha condotto un’indagine qualitativa per approfondire il fenomeno dell’abbandono scolastico e formativo, nell’intento di superare una lettura limitata alle dinamiche di selezione scolastica ed ai fattori di devianza o marginalità sociale e di approfondire i nessi tra elementi strutturali, culturali e personali1 . L’indagine ha toccato motivazioni e contesti della dispersione, nonché servizi e istituzioni formative La ricerca ha individuato i “percorsi della dispersione”, ovvero cause e modalità di uscita prematura dai circuiti formativi, esplicitandone gli aspetti qualitativi e le dinamiche della transizione verso la condizione di abbandono, di inattività o di entrata nel mondo del lavoro. Le motivazioni profonde, le componenti di background familiare e sociale, la risposta dei servizi e delle istituzioni formative ai bisogni di supporto espressi dai giovani, sia implicitamente che esplicitamente, sono gli aspetti analizzati in particolare dall’indagine. Sono stati intervistati 1.500 giovani nati nel 1991 (19-20enni al momento dell’intervista), che hanno conseguito la licenza media inferiore con giudizio “sufficiente” nel 2005. Si tratta di giovani che al termine della scuola secondaria di 1° grado hanno raggiunto livelli minimi di rendimento scolastico, indicatore di una problematica in atto. Ciò ha consentito di raggiungere e intervistare un elevato numero di giovani dispersi (oltre 500), risultato di particolare rilevo in relazione ad un segmento di popolazione giovanile difficilmente individuabile e scarsamente disponibile al contatto. Identikit del disperso, percorsi della dispersione, difficoltà e motivazioni dell’abbandono, ruolo delle reti, dispersione degli immigrati sono state le principali aree di riflessione della ricerca. Sono state esaminate le caratteristiche del target e le dinamiche che si determinano prima dell’abbandono e che concorrono alla definizione dell’evento stesso. Le cause della dispersione sono state analizzate in un’ottica multidimensionale, tenendo conto dei vissuti personali e degli eventi protettivi o di rischio in cui sono incorsi i ragazzi. È stato dato inoltre rilievo alla percezione dei giovani rispetto alla presenza ed al supporto delle reti formali e informali e dei servizi di orientamento. Per un ulteriore approfondimento delle problematiche della dispersione, in particolare sui ragazzi che provengono da famiglie di origine non italiana, sono stati realizzati sei focus-group con giovani dispersi o a rischio dispersione e con operatori che lavorano presso le istituzioni formative (principalmente agenzie formative, ma anche scuole). La dispersione è un fenomeno che può toccare anche famiglie “normali” Risultato dell’indagine è che, accanto all’abbandono legato a situazioni di conclamato svantaggio sociale e familiare, esistono altre tipologie di dispersione, un’area grigia che allarga il bacino dei giovani a rischio di abbandono del percorso formativo anche a soggetti provenienti da famiglie meno gravate da difficoltà economiche e marginalità sociale. In questi casi sembra determinante la maggiore consapevolezza, da parte degli intervistati, della situazione di difficoltà personale, che li porta a considerare la scelta di lasciare gli studi come un’opzione valida per cercare, attraverso il lavoro, una realizzazione personale che non ritengono potrà essere favorita dal completamento del percorso formativo. I principali risultati dell’indagine sono pubblicati nella sezione dell’Opac Isfol.
Silvia Stroppa, Isfol (Fsenews n. 12 – 2012)
[1] La ricerca, coordinata dall’Isfol, è stata realizzata con la collaborazione della Doxa e della Fondazione Giulio Pastore che hanno svolto l’indagine di campo.
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